Mente |
L'analisi scientifica della mente è al centro delle scienze cognitive. Le scienze cognitive costituiscono un campo interdisciplinare che gravita intorno allo studio della capacità di alcuni organismi, in particolare quelli umani, di entrare in relazione con il loro ambiente e con gli altri attraverso la raccolta, la trasformazione e l'uso di conoscenza. Queste funzioni corrispondono a quello che nella vita quotidiana si chiama «mente», «intelletto» e talvolta «animo/a», soprattutto in riferimento alle emozioni. La capacità di raccogliere informazioni dall'ambiente, di elaborarle e di essere motivati a compiere queste operazioni è essenziale per la sopravvivenza di qualsiasi organismo: è cruciale per l'adattamento all'ambiente dei piani di azione di un organismo. > Lo sviluppo dei computer e le ricerche in intelligenza artificiale hanno dato un'impronta molto forte allo studio della mente nelle scienze cognitive fin dai tempi della Seconda guerra mondiale. E’ possibile operare una tripartizione dei differenti livelli di analisi del rapporto tra scienze dell'artificiale e psicologia: il livello delle teorie computazionali, il livello degli algoritmi e delle rappresentazioni (software), il livello dell'implementazione (il cosiddetto hardware). La psicologia si concentra sul livello intermedio, ovvero sui modi in cui gli organismi rappresentano e trasformano le informazioni. Per capire come funziona la mente bisogna avere una descrizione dettagliata dei modi in cui le informazioni vengono selezionate, memorizzate e trasformate, cioè di come gli organismi apprendono e ragionano. Bisogna anche capire come funziona la motivazione, cioè la spinta a soddisfare i bisogni, e quale ruolo svolgono le emozioni in questo contesto. Lo studio della mente non si occupa né di modelli astratti e formali, che sono propri dell'intelligenza artificiale, né delle basi fisiologiche di tali processi, che sono oggetto di studio della neuropsicologia. In sostanza le azioni umane sono possibili grazie a tre capacità mentali diverse: 1) costruire un modello del mondo in cui agire, cioè farsi una rappresentazione interna del mondo esterno; 2) fare un programma per l'azione, cioè specificare le procedure per passare da uno stato a quello successivo; 3) eseguire tale programma, cioè compiere le azioni secondo le procedure del programma. Si tratta di capacità mentali che potremmo definire di «livello 0». L'uomo sa costruire dei replicanti della sua mente: macchine capaci di percepire, pensare e agire. Ad esempio, un robot può estrarre dalla sua memoria le informazioni, ed è capace di servirsene per agire nel mondo eseguendo un programma. Domanda: la mente degli esseri umani supera in intelligenza i robot più evoluti ? Gli esseri umani sono in grado di andare oltre il livello 0 ? Proviamo a sottoporre gli uomini ad alcune prove per vedere fin dove si spinge la loro capacità di costruire modelli. > In primo luogo dobbiamo appurare se sono capaci di costruire solo modelli del mondo esterno oppure anche modelli dei contenuti delle menti delle persone con cui comunicano. In effetti abbiamo notato nel loro linguaggio l'uso di parole come «coscienza», «intenzione» (propria e altrui), «colpa», «vergogna», tutti termini che presupporrebbero queste capacità. Proviamo così a sottoporli a una sorta di test. Mostriamo a individui adulti e a bambini una bambola, una casa delle bambole, e due scatole qualsiasi, che chiameremo A e B. Collochiamo la bambola in modo che possa assistere a quello che facciamo. A questo punto tiriamo fuori un giocattolo dalla scatola A e mettiamolo nella scatola B. Poi spostiamo la bambola all'interno della sua casa, in modo che non possa vedere quello che facciamo. Prendiamo adesso il giocattolo dalla scatola B e rimettiamolo nella scatola A. Facciamo tornare in scena la bambola tirandola fuori dalla sua casa e domandiamo a coloro che partecipano all'esperimento dove, a loro avviso, la bambola cercherà il giocattolo: nella scatola A o in quella B ? Gli umani adulti rispondono in B, gli umani sotto i quattro anni rispondono in A. Questa prova ci ha permesso di stabilire che gli esseri umani adulti sono in grado di: > 1) costruire un modello dei contenuti della propria mente; > 2) costruire un modello dei contenuti della mente della bambola; > 3) confrontare il modello proprio e quello della bambola. Se gli adulti non fossero capaci, come i bambini, di distinguere il loro modo di rappresentarsi gli eventi rispetto a quello della bambola, anche loro la cercherebbero nella scatola A. Invece, sulla base della constatazione che la bambola non ha assistito alla scena del trasferimento da una scatola all'altra, gli adulti rispondono correttamente che la bambola cercherà il giocattolo in B dato che è stato messo in A all'insaputa della bambola. I bambini sotto i quattro anni, al contrario, sanno costruire solo il modello dei contenuti della loro mente, e proiettano questi contenuti sulle menti altrui. Ragion per cui suppongono che la bambola cercherà il giocattolo dove loro sanno che è stato nascosto, senza rendersi conto che la bambola non ha assistito alla scena dello spostamento da una scatola all'altra. In termini generali, che cosa sa fare la mente degli uomini adulti? È in grado di mettere il modello del mondo della bambola dentro il suo modello mentale, sa esaminare i due modelli del mondo presenti nelle due menti e, confrontandoli, sa inferire eventuali differenze. Poniamo che questa sera Vittorio desideri andare al cinema e si costruisca un modello del futuro stato di cose: andare al cinema. Poi riflette su questo desiderio e decide sul come scegliere quale film andare a vedere. Pensa di far scegliere all'amico Paolo. In questo caso un uomo ha guardato dentro il suo modello del futuro (decisione di andare al cinema) e ha deciso come eseguirlo (decidere sul come decidere). In altre parole, gli esseri umani sono dotati di autoriflessione, sanno cioè decidere su come muoversi nel mondo esaminando i contenuti della loro mente (Johnson-Laird, 1983). > La capacità mentale relativa all'esempio appena discusso può essere descritta attraverso lo schema seguente: Livello I : Capacità di costruire un modello di → > Livello 0: Capacità di costruire un modello del futuro in cui agire (Capacità di programmare cosa fare → Capacità di eseguire questo programma). Si tratta di livelli successivi a quello 0, dato che la mente è in grado di inglobare un modello in un altro modello. Questa capacità di autoinclusione permette quello che nel lessico viene chiamato in vari modi: coscienza, autoriflessione, meditazione su se stessi. Come nel caso della prova della bambola, se il modello incluso rappresenta correttamente i contenuti della mente altrui, diventa possibile fare previsioni corrette sui comportamenti sociali. Siamo così giunti alla definizione di un ulteriore livello delle capacità mentali rispetto ai livelli 0 e I : è l'intelligenza sociale ed emotiva, quella cioè che ci permette il con-I tonto tra i diversi punti di vista di due persone. Essa è cruciale per poter interagire nei gruppi e nelle organizzazioni e presuppone la capacità di mettere un modello dentro l'altro per almeno tre volte, secondo lo schema seguente: Livello 2: Capacità di costruire un modello di → > Livello I: Capacità di costruire un modello di → > Livello 0: Capacità di costruire un modello del futuro in cui agire (Capacità di programmare cosa fare → Capacità di eseguire questo programma). Facciamo un'ulteriore ipotesi: sono stati questi livelli mentali superiori a far si che la specie umana prevalesse sugli altri animali ? Si può cercare di rispondere esaminando la storia naturale dell'evoluzione della specie. Anima, mente e cervello sono tre livelli di descrizione separati. La scienza dell'ultimo secolo ha eliminato il primo termine della triade, ma ha dimostrato la fecondità di studiare le interazioni tra gli altri due. Le frontiere della ricerca contemporanea si spostano sempre più in avanti, mettendo in rapporto lo studio della mente con quello sul funzionamento del cervello. Per milioni di anni la mente non era presente sulla Terra perché non c'era neppure l'uomo. Le prime vaghe testimonianze della presenza di un essere dotato di facoltà mentali risalgono a due milioni e mezzo di anni fa. Questa è l'età della prima pietra lavorata con lo scopo di farne uno strumento che potenziasse le nostre mani. Da allora i reperti ci forniscono dati sulle dimensioni del cervello e sugli adattamenti anatomici che hanno reso possibile il linguaggio. Dai fossili sappiamo che l'uomo, così come noi lo conosciamo dal punto di vista della sua struttura corporea, risale a circa 70 000 anni fa. In un periodo che si può collocare più o meno 30 000 anni fa, emergono modi di pensare e di conoscere che si fissano in specifici domini cognitivi. Trentamila anni sono molto pochi rispetto ai due milioni e più che sono trascorsi dall'epoca in cui sono apparsi i primi strumenti volti a potenziare l'azione manuale. Dopo uno sviluppo lentissimo, impercettibile se guardato con gli occhi d'oggi, inizia un progresso nell'uso delle facoltà mentali che si autoalimenta e genera un'accelerazione sempre più impressionante. Il passaggio dal punto di partenza a quello d'arrivo, cioè i giorni nostri, non è caratterizzato da una crescita progressiva. Un periodo d'incubazione lunghissimo è approdato, oggi, a processi di evoluzione tumultuosi, resi possibili dal fatto che la mente si è sempre più giovata sia di aiuti esterni sia della divisione del lavoro nel campo della attività mentali. Si tratta di una prova della non coincidenza della mente con il cervello. Quest'ultimo ha un'evoluzione naturale lentissima: il nostro cervello è identico a quello degli uomini di ottomila anni fa. La nostra mente, al contrario, è divenuta molto di pili della sua contropartita biologica, in quanto si è arricchita del contributo di «menti esterne». > Due tappe fondamentali nella storia naturale della mente sono individuabili nella nascita del linguaggio come strumento di comunicazione dei contenuti della mente e nella progressiva collocazione all'esterno del corpo umano di questi contenuti. I prodotti della mente diventano «esterni» via via che si depositano in culture materiali sotto forma di strumenti per l'agricoltura e di testimonianze religiose o artistiche. Il linguaggio è l'espressione di una grammatica mentale e permette non solo la comunicazione interpersonale, ma anche la trasmissione da una generazione all'altra dei saperi, in forma orale o scritta. Il punto finale di tale percorso è, oggi come oggi, quello a noi familiare: blocchi di funzioni mentali non solo vengono incorporate in oggetti esterni, ma anche in quella sorta di menti artificiali che sono i computer e le altre protesi elettroniche. I computer, beninteso, lavorano solo a livello 0: gli altri livelli li abbiamo visti soltanto nei film di fantascienza, dove le macchine prendono coscienza di se stesse e possono persino avere piani che sono in opposizione a quelli dell'uomo. Lo scenario odierno è stato reso possibile da una trasformazione straordinaria rispetto all'evoluzione delle altre specie animali: l'uomo, per comunicare e trasmettere informazioni da una generazione all'altra, ha imparato a usare simboli. Molte specie animali sono dotate di complicati sistemi di segni. Tuttavia, solo l'uomo sa servirsi di simboli che gli hanno permesso lo sviluppo di una grammatica mentale. > I processi che hanno portato all'esterno funzioni e capacità della mente umana sono stati innescati dal progressivo passaggio dalla vita nomade, quella dei cacciatori-raccoglitori, alla vita stanziale resa possibile dall'agricoltura. Le idee prodotte dalla mente si sono incorporate in strumenti utili per una vita stanziale. Via via che queste popolazioni prevalevano sui cacciatori-raccoglitori, la divisione del lavoro ha permesso di dedicarsi sempre pili ad attività mentali. Anche in seguito è stata la tecnologia, sotto forma di armi e mezzi di trasporto, che ha determinato la supremazia dell'Eurasia sulle altre popolazioni del globo. Non c'è stata una differenza genetica, e tanto meno mentale, alla base della maggiore intelligenza di alcune popolazioni, come molti - anche non razzisti - hanno per lungo tempo creduto. L'innovazione tecnologica ha innescato un processo che, diecimila anni dopo, è sfociato nella stampa, un'invenzione cruciale per depositare i prodotti della mente. Come mai il processo è iniziato 8500 anni fa e non, poniamo, 18 500 anni fa? In quell'epoca era più conveniente fare il cacciatore che provare a fare in contadino. In natura c'erano molti mammiferi di grossa taglia e pochi cereali selvatici e, data la scarsa densità della popolazione, non c'erano motivi per strappare più calorie a un ettaro di terra. Le recenti ricerche, basate su datazioni precise, mostrano che l'uomo, per così dire, è stato costretto da circostanze esterne ad aguzzare il suo ingegno. In altre parti del globo, come l'America, la produzione alimentare è cominciata soltanto 3500 anni a.C. > La religione ha costituito il motore per la creazione dei primi «depositi culturali» in grado di estendere la mente individuale, al di là dei singoli individui. Depositandosi all'esterno, i prodotti della mente umana diventano socializzabili e sopravvivono per più generazioni sotto forma di mucchi di pietre, di sculture e anche di disegni, come i murali trovati nelle caverne. Questi manufatti sono la premessa per le prime espressioni di culture dotate di un carattere cumulativo. > Le possibilità di deposito, di accrescimento e di autoalimentazione spiegano la rapidità dei progressi fatti a partire dall'antica Mesopotamia, in relativamente poche migliaia di anni, rispetto alla lentezza impressionante dei milioni di anni precedenti. Qualcosa del genere è successo negli ultimi decenni anche per la vita delle menti artificiali. Nel 1950 il matematico inglese A. Turing pubblica sulla rivista «Mind» un articolo in cui viene formulato un progetto che si concretizzerà nel mezzo secolo successivo: > 1) tramite una logica simbolica binaria si possono costruire programmi; > 2) è necessario predisporre l'apprendimento in una macchina come il computer in modo che possa estrarre nuove conoscenze da quelle che già possiede; > 3) interfacce umane sono opportune perché un uomo possa interagire con la macchina (di qui la tastiera e lo schermo del computer). Turing già nel 1936 aveva teorizzato una macchina basata su un unico nastro bidimensionale fatto di riquadri e contenente un simbolo in codice binario in ogni riquadro. Il programma di questa macchina è costituito dall'insieme delle istruzioni che fanno andare avanti e indietro il nastro e sostituiscono un simbolo con un altro. Abbiamo un'origine lenta, che va dagli orologi calcolatori del XVII secolo fino al telaio di Jacquard e al progetto di Babbage del 1840, volto a meccanizzare la matematica. Dopo un solo secolo, avviene un salto in una sorta di «iperspazio mentale» grazie a un prodigioso progresso teorico e tecnologico. Si riesce così a definire una teoria della computazione che permette di trasferire molte operazioni mentali su macchine, che pur lavorando con due soli simboli, hanno una potenza che rende possibile la simulazione di operazioni mentali. Lo sviluppo della fisica permette, nel corso degli anni '30, l'applicazione dell'elettricità al progetto di Babbage creando così le premesse per l'attuale computer. Inizialmente fu lo sviluppo delle tecnologie dei sistemi di comunicazione basati sull'elettricità - il telegrafo, il telefono e le reti di distribuzione dell'energia elettrica - a richiedere sistemi potenti per il calcolo delle informazioni. Per le menti naturali il «salto» era stato innescato dal binomio costituito dal processo di «esternalizzazione» della mente e dalla nascita del linguaggio (Diamond, 1997). Per quelle artificiali è stato cruciale il seguente accoppiamento: computabilità + elettricità (madre dell'elettronica). La nostra ricostruzione della storia della mente, dal primo utensile fino al computer, è stata fatta dal punto di vista dell'uomo. Se la volessimo fare dal punto di vista del computer, potremmo raccontare i progressi della mente dell'uomo come precondizioni per costruire menti artificiali. In sintesi, tutto quello che un computer fa non è altro che manipolare numerali binari. Sembra poca cosa. Eppure le ricerche dell'ultimo mezzo secolo non sono state in grado di trovare un processo mentale umano di livello o che non possa essere simulato per mezzo di queste manipolazioni. Concepire la mente umana come un sistema simbolico è l'ultima tappa del percorso iniziato cinquemila anni fa dai Sumeri. Il più grande miracolo della mente umana, a partire dalla sua nascita, consiste nell'aver inventato una macchina che simula i suoi processi soltanto con configurazioni elettriche di numerali binari. Forse questa macchina farà fare alla mente umana un salto analogo a quello compiuto cinquemila anni fa con l'introduzione delle prime «esternalizzazioni» simboliche. PAOLO LEGRENZI |
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